Epidemia:

 

Secondo il dizionario online Treccani col termine di epidemia si intende una “manifestazione collettiva d’una malattia (colera, influenza, ecc.), che rapidamente si diffonde fino a colpire un gran numero di persone in un territorio più o meno ampio”. Quando invece una  epidemia presenta una “tendenza a diffondersi ovunque, cioè a invadere rapidamente vastissimi territori e continenti” si parla di pandemia (Dizionario Treccani online: https://www.treccani.it/enciclopedia/epidemia/).  

Monardes Nicolás Bautista

 

(Spagna: 1493 – 10 ottobre 1588): nasce a Siviglia probabilmente nel 1493. Le scarse notizie biografiche in nostro possesso lo descrivono come uno studente appassionato delle materie umanistiche e della medicina; i suoi studi hanno inizio ad Alcalà e terminano all’Università di Siviglia nel 1547. Nella sua città esercita con successo la professione medica, dedicandosi anche al commercio delle droghe medicinali ed alle nuove specie botaniche che arrivano dalle Americhe. Studia e usa i "semplici" antichi, ma diviene famoso in tutta Europa per la conoscenza e la descrizione delle piante officinali del nuovo mondo, in particolare il tabacco (nicotiana), evidenziando gli usi positivi e gli abusi. Gli viene dedicato da Linnæus.il genere erbaceo "monarda", pianta perenne da lui introdotta e originaria dell’America Settentrionale. Tra le sue opere, quella più conosciuta ed importante è la "Historia Medicinal de las cosas que se traen de nuestras Indias Occidentales", terminata nel 1574 e tradotta in sei lingue, tra le quali il latino (“Simplicium Medicamentorum ex novo orbe delatorum, quorum in Medicina usus est, Historia”) ad opera del medico e botanico francese naturalizzato olandese, Carolus Clusius (XVI sec.), donandole in questo modo la prerogativa dell’universalità. La versione inglese fu la più tardiva e fu eseguita da Frampton nel 1580. E’ un trattato composto di tre parti che sono state pubblicate in tempi diversi (1565, 1571 e 1574).

Pandemia

 

Secondo il dizionario online Treccani si parla di pandemia quando una epidemia si presenta come una manifestazione collettiva d’una malattia (colera, influenza, Sars-CoV.2, ecc.), che rapidamente si diffonde ovunque sul Pianeta , cioè a invadere rapidamente vastissimi territori e continenti (Dizionario Treccani online: https://www.treccani.it/enciclopedia/epidemia/).

 

Aprosio Angelico (1607 1681)

 

 Del tabacco, nella smisurata serie dei suoi interessi critici, scrisse anche Angelico Aprosio. (Ventimiglia, 29 ottobre 1607Ventimiglia, 23 febbraio 1681), frate agostiniano, letterato e scrittore italiano.

 Nella seconda parte "Dello Scudo di Rinaldo" nel capitolo VIII, "Del Tabacco e dell’'abuso di esso" (dedicato "Al Signor Domenico Panarolo filosofo medico e pubblico professore di Medicina nel Romano Ateneo") ove alla pagina segnata 254 del manoscritto l'Aprosio in merito all'uso del tabacco annota che esso "Da Galeotti passò alle mani dei Birri e di simile canaglia... ridotto in sottilissima polvere cominciò a lasciarsi vedere tra quelle d'uomini dei più civili, in tanta moderazione che la quantità... di un fagiuolo indiano era soverchia a pascere i pruriti del naso per il corso di un anno lunare: ora è talmente cresciuto l'abuso... che apparendo incapaci le scatolette, non mancano di quelli che se lo pongono nelle tasche a rinfuso... In tutte le città altro non si veggono che cartelli di tabacivendoli, ed in Londra in particolare come riferisce Barnaba de Riicke citato da Henricus de Engelgrave se ne veggono e se ne contano piu' di mille botteghe.. ". A pagina 266 del manoscritto l'Aprosio conclude con durezza: "II tabacco distrugge e malmena in tutto mentre egli fa arrugginire... i nervi immediatamente del cervello e gli rubba ogni argentino candore... Tabaci cerebro valde Inimici"...'

 

Stella Benedetto (sec. XVII)

 

Nel 1669, in Roma, fu dato alle stampe un trattato dal titolo Il Tabacco di don Benedetto Stella, da Civita Castellana, “nella quale si tratta dell’origine, istoria, coltura, preparazione, qualità, natura, virtù e uso in fumo, in polvere, in foglia, in lambitivi et in medicina della pianta volgarmente detta Tabacco”, in cui “si discorre degl’utili che arreca moderatamente preso, de i danni ch’apporta smoderatamente usato, e qual sia i vero, e legittimo modo di prenderlo”. Anche in questo testo il dilemma dialettico pseudoscientifico è tra uso e abuso.

Ma tra le varie notizie sul tabacco Stella ci da una intrigante notizia, evidentemente riportata, sulla scoperta dell’America. Ci racconta infatti dell’Isola Atlantica che si troverebbe oltre le colonne di Ercole e di cui aveva parlato Platone. Questa isola si sarebbe formata dopo un “terribilissimo terremoto”. Di tutto ciò né Tolomeo né i Geografi prima di lui avevano notizie. Questa ipotesi tellurica non fu sposata da Aristotile che però nel suo De mirabilis naturae asserice che questa isola Atlantica fu scoperta dai Cartaginesi, “a cui non giunsero che con una lunghissima navigazione di moltissimi giorni, dove trovarono una terra fertilissima irrigata da moltissimi fiumi, ombreggiata da fecondissime piante e ferace di infinità di frutti”.

Ma poi ci spiega perché questi scopritori non misero radici in questa nuova isola: “Alcuni de’ Cartaginesi allettati dall’amenità dell’aria, dalla bontà del suolo, e dalla qualità del paese, tentarono di imparare il linguaggio di essa e prendersi ivi le moglie, e propagar la loro prole;  ma che avendo ciò saputo il Senato Cartaginese, con pubblico Editto commandò a tutti i suoi soggetti che si trovavano in detta Isola, che si ritirassero, e tornassero in Cartagine, e che per l’avvenire che nessuno più ardisse di navigare a detta Isola”.

Infine nel suo “De abusu Tabaci” scrive che “l’uso del tabacco moderatamente pres, non solo è utile, ma anche necessario a preti, monache o frati ed altri religiosi, che devono o vogliono menar vita casta e reprimere que’ moti sensuali che cotanto infastidiscono…E’ bene che essi lo prendano ad imitazione di quel gran Servo di Dio de’ nostri tempi, il P. Giuseppe da Copertino, ad occurrendas carnis tentationis”.

 

Polonio

 

Il polonio è un elemento chimico radioattivo presente nella Tavola periodica di Mendeleev con numero atomico 84 e peso atomico 210 e il suo simbolo è Po. Alla scoperta del Polonio sono legati il nome di Marie Curie  e quello del marito Pierre Curie. Il Polonio 210 (Po-210) fu il primo elemento radioattivo scoperto da Marie  Sklodowska e da Pierre Curie nel 1898. Infatti il 18 luglio del 1898, Henry Becquerel presentò all’Accadémie des Sciences la prima nota congiunta di Pierre e Marie Curie, inviata nell'aprile del 1898, su una “substance nouvelle radio-active” contenuta nella pechblenda, in cui propongono una possibile spiegazione che si rivelò profetica: "...i minerali possono contenere un elemento molto più attivo dell'uranio”.

 [Curie P, Curie M. Sur une substance nouvelle radio-active contenue dans la pechblende. C R Acad Sci Gen 1898;127:175–8.] & [Curie P, Curie M, Bémont G. Sur une nouvelle substance fortement radio-active contenue dans la pechblende. C R Acad Sci Gen 1898;127:1215–18.]

  Sono noti 33 isotopi del Polonio, tutti instabili. È un elemento estremamente tossico e molto radioattivo. Il polonio-210 è l’isotopo più radioattivo del polonio, nemettitore alfa con una emivita di 138,39 giorni. Un milligrammo di questo metalloide emette lo stesso numero di particelle alfa di 5 grammi di radio. Il decadimento di questo elemento rilascia anche una grande quantità di energia: mezzo grammo di polonio-210 termicamente isolato dall'ambiente può raggiungere rapidamente temperature di circa 500 °C, e sviluppare circa 140 W/g in energia termica[2]. Pochi curie (gigabecquerel) di polonio-210 emettono una luminescenza blu dovuta all'eccitazione dell'aria circostante per effetto Compton.
Poiché praticamente tutta la radiazione alfa viene facilmente bloccata dai normali contenitori e rilascia la sua energia appena colpisce una superficie, il polonio-210 è stato preso in esame per un possibile uso nel riscaldamento dei veicoli spaziali come sorgente per celle termoelettriche nei satelliti artificiali. Tuttavia, a causa della sua breve emivita (circa 140 giorni), il polonio-210 non poteva alimentare queste celle per tutta la vita utile di un satellite e questa applicazione è stata abbandonata.